L’avvocato e il cittadino “Filiera corta”

di Maria Chiara Piragine - Da "Sentieri Digitali" rivista on line www.sentieridigitali.it

La professione dell'avvocato oggi è cambiata, in quanto è mutata la tipologia di rapporto avvocato / cittadino-cliente, per il ruolo che la professione legale può e deve necessariamente occupare nell’attuale società.
Pur nella diversificazione delle materie trattate legalmente, in ambito stragiudiziale o giudiziale che sia, sempre e comunque, oggi come oggi, l’avvocato, rispondendo alle esigenze che, di fatto, gli vengono poste “caso per caso dal singolo cittadino/cliente”, è diventato un confessore, ha dovuto assumere un ruolo di supporto anche psicologico del proprio cliente.
Se un tempo, in un contesto normativo di precetti di merito e di strutture procedurali, il legale poteva soddisfare il cittadino/cliente dando seguito all’incarico con un lavoro di qualità, nel suo habitat lavorativo, raggiungendo un risultato soddisfacente in un percorso non ingombrato ed adombrato da problematiche personali in interferenza col caso in esame, ora questo non è possibile.
Oggi l’impianto normativo e procedurale dell’andamento degli affari di giustizia si è complicato, nell’articolazione di mille meandri burocratici e nella palese necessità del cittadino di ottenere aiuto dal legale per riuscire a dipanare la matassa intrigata fra il caso giuridico personale da affrontare e la complessità dell’impianto con cui interagire per portare avanti il caso: il cittadino / cliente, in pratica, si “consegna” all’avvocato, siccome sa che ha a che fare con un mondo per lui troppo ingarbugliato.

L’avvocato deve accompagnare il cliente nel percorso legale, individuando problemi, necessità, dubbi, incertezze e senso di impotenza che il suo utente ha, indicando se del caso, ambiti di intervento di altre figure professionali, quali psicologi, consulenti per il benessere per contenere le sofferenze e i disagi che il cliente mostra di patire. Questo nuovo ruolo dell’avvocato si impone in quanto le lungaggini processuali, l’accavallarsi di leggi e precetti normativi, “la perdita di una lineare semplicità del percorso giudiziario da affrontare”, hanno reso il cittadino più debole, meno consapevole, spesso sconvolto da provvedimenti e percorsi inaspettati, sconosciuti e difficilmente conoscibili per il profano. Bisogna quindi che l’avvocato sia sempre in arena, e lotti col cittadino nell’esercizio dei diritti da salvaguardare, avvalendosi di equipe di professionisti specializzati in altri ambiti vicini alla cura della persona / cliente. E’ tempo di sinergie. La filiera troppo lunga fra cittadino e adeguato approccio al sistema legale deve accorciarsi. In questo modo, in un contesto più organizzato, si ritroverà, seppur in forma diversa, la capacità di stare al passo con questi nuovi strani tempi, e le mete da raggiungere non saranno irraggiungibili. Questo diffuso senso di smarrimento del cittadino, il disorientamento, spariranno, o comunque verranno incanalati in una strada rassicurante. Il senso di impotenza di fronte alla Giustizia come impalcatura alta da scalare, forse si dissolverà.

(*) L’avv. Maria Chiara Piragine esercita la professione forense in Parma. SENTIERI DIGITALI - E-Magazine di Creatività e Tecnologia per la Comunicazione d’ Impresa Direttore responsabile Francesco Chiappetta - anno 7 - N.2 - 31 gennaio 2013